Questa chiesa anticamente era frequentata dai fedeli del Cantone di Corlazio.
La chiesa della Santa “forestiera”
La chiesa risale all’alto medio evo quando la popolazione della Montanea Demopholis lasciò il fondovalle, divenuto inabitabile per le paludi malariche, e si ridusse ad abitare la costa retica. Sulla montagna non trasferì solo le esigenze fisiche, ma anche quelle umane e spirituali ed edificò le cappelle per il culto religioso ed il cimitero per i morti. Così sorse la chiesa dedicata a Santa Caterina d’Alessandria.
Il culto di questa Santa “forestiera” è spiegabile col fatto che i primi evangelizzatori delle vallate alpine furono i Martiri della Legione Tebea, provenienti dall’Egitto, come S. Alessandro e i Protomartiri della Diocesi di Como: d’altronde i soldati che nel secondo secolo erano addetti alle torri d’avvistamento o caserme di confine, provenienti dalle provincie più lontane dell’impero e già cristiani, erano animati da uno zelo apostolico che li spingeva a predicare e, soprattutto, a praticare la religione in cui credevano.
Di qui la devozione ai Santi dell’Egitto Cristiano. Tra questi spiccava la figura di Santa Caterina, celebre per la sua cultura filosofica, tanto da sfidare ben 500 filosofi di Alessandria, confutandone le tesi idolatriche e convertendoli al Cristianesimo, attirandosi cosi la condanna a morte tra inenarrabili torture. La sua storia leggendaria conquistò le plaghe d’Oriente e giunse, appunto per le presenze dei militari in servizio di leva nelle vallate alpine, anche tra noi, suscitando un grande entusiasmo nel confronti di quegli eroi come S. Alessandro e Santa Caterina.
La chiesa divenne un centro di irradiazione del cristianesimo sulla sponda soliva; vi si giungeva percorrendo l’antica mulattiera che andava da Traona a Santa Croce di Civo. Il vescovo Feliciano Niguarda, negli atti della sua visita pastorale del 1589 dice: “Ad un miglio dalla parrocchiale, un po’ fuori strada, c’è un villaggio di circa 20 fochi, chiamato Corlazio, appartenente alla comunità di Traona: ci sono due chiese, una dedicata a Sant’Agata, l’altra dedicata a Santa Caterina martire, nelle quali si celebra raramente per penuria di sacerdoti”.
Questa chiesa era frequentata dai fedeli del Cantone di Corlazio: officiata un tempo dai ministrali di Olonio, poi dai frati del Convento di San Francesco di Traona, ora è un po’ abbandonata e la parrocchia si limita a convocare i devoti nella ricorrenza della festa della titolare il 25 novembre.
Architettura
Costruita nel XV secolo con l’ingresso a N sulla strada, venne ampliata sul finire del secolo stesso, con l’aggiunta di un nuovo presbiterio ad oriente ed una campata ad ovest, ove fu collocato l’ingresso in modo che la navata preesistente divenne la seconda campata e il presbiterio una piccola cappella.
È preceduta da un breve spazio erboso recintato che un tempo fungeva da cimitero; costruzione e sagrato sono sorretti da un muraglione: due grossi platani ed un tiglio vigilano sul luogo sacro.
La facciata a capanna ha in alto un oculo sotto il quale si trova un mediocre affresco raffigurante “Le nozze mistiche di Santa Caterina (XVII sec.) e quindi il portale indicante che nell’anno 1600, essendo fabbricieri Bartolomeo Gianolo e Luigi Vicedomini, venne completato il rinnovamento di cui si è detto.
Sul muro esterno volto a N, protetta da un tettuccio, è affrescata un’Annunciazione di ignoto artista lombardo della fine del 1400 con l’Angelo a sinistra su uno sfondo di monti, l’Eterno Padre in alto e la Vergine a destra, dentro un tempietto ad archi. Tra le due figure vi è la scritta a caratteri gotici: “Ave Plena Gratia Dominus Tecum”.
L’affresco è deturpato da graffiti, sigle, iniziali, in sanguigna, retaggio dei Lanzichenecchi di passaggio nel 1630, che hanno lasciato il segno del loro disprezzo di Protestanti avversi al culto della Madonna e dei Santi: si nota anche il tentativo sacrilego di cavare gli occhi alla Vergine e all’Angelo.
Nell’interno, la navata è spoglia: accede al presbiterio passando sotto un arco acuto. Sul lunettone in fondo sopra all’altare, probabilmente lo stesso pittore che affrescò l’Annunciazione dipinse la scena raffigurante la Madonna col Bambino intenta a porgere l’anello a Santa Caterina, alla presenza di Santa Apollonia, Sant’Agata e alcuni Confratelli incappucciati, probabilmente i flagellanti.
La volta, divisa in quattro spicchi da costoni ricchi di fregi geometrici policromi, reca dipinte le immagini dei quattro Dottori latini e al centro un tondo con la Santissima Trinità: un viso dell’Eterno Padre di prospetto con associati ai lati i due profili del Figlio e dello Spirito Santo.
La cappella, a volta ribassata, in passato era completamente ricoperta di affreschi (attribuiti, un tempo ai comaschi Baruta e Guaitis e recentemente, a G. Andrea De Magistris, pure comasco), dei quali restano solo frammenti sulle pareti laterali. Sono invece abbastanza conservati quelli absidali, sulla volta e sul soppalco, mentre della figura di Cristo, entro una mandorla luminosa dipinta sulla antica volta, non rimane che la parte inferiore.
Sul sottarco si scorgono cinque medaglioni con figure di Sante Martiri tra cui Santa Apollonia, Santa Barbara, Santa Lucia e, ai lati di ciò che resta della mandorla, le immagini dei Santi Agostino e Gregorio.
Sulla parete sinistra si scorgono, tra le molte scalpellature per far aderire un nuovo intonaco, alcune figure di Santi, disposte forse processionalmente, mentre sulla parete di fronte rimangono solo due teste di Sante.
In migliori condizioni gli affreschi sulla parete absidale, nella quale si aprono due finestrelle strombate con decorazioni floreali. Tra esse si vedono la Madonna col Bambino che dà l’anello a Santa Caterina, alla sinistra San Giovanni Battista e a destra le Sante Apollonia e Agata.
Nella sacristia è stato recentemente scoperto un monogramma di Cristo JHS, in sanguigna: segno evidente del passaggio di San Bernardino di Siena in cammino (1439) verso Morbegno, dove fondò la Confraternita dei Disciplini o Flagellanti.
- BIBLIOGRAFIA
- Songini, don Domenico, “Storia e… storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001