I documenti, le fotografie, i racconti e la custodia di abiti da parte dei familiari hanno permesso di conoscere alcuni passaggi importanti ed attendibili riguardo al costume tradizionale di Traona.
Nell’anno 1901 Don Luigi Guanella scriveva all’arciprete di Traona, Don Giovanni Tam, avvertendolo che stava per collocare nella recente Chiesa di S. Salvatore di Nuova Olonio, sull’altare dedicato alla Madonna del Lavoro, il gruppo statuario della Madonna con ai piedi due lavoratori: un contadino e un artigiano.
Scriveva Don Guanella: “Se vuol vedere un bel gruppo della Madonna del Lavoro diffondersi in Valtellina, mandi tosto tosto un pacco postale con un modello di abiti da uomo farsetto, gilè, calzoni corti, stivali di panno nuovi o usati, allo scultore Nardini in via dei Fiori Chiari, 32 – Milano”.
Gli abiti vennero inviati da Traona a Milano e lo scultore Nardini scolpì, ai piedi della statua della Madonna del Lavoro due figure maschili che indossavano gli abiti del tempo.
Attualmente sull’altare della chiesa parrocchiale della Madonna del Lavoro di Nuova Olonio c’è una copia del gruppo statuario. L’originale si trova nella cappella della Casa Madonna del Lavoro dell’Opera Don Guanella di Nuova Olonio.
Questo episodio ci ha documentato i dettagli del costume maschile da lavoro in uso a quei tempi. In occasione dell’inaugurazione del museo dedicato a San Luigi Guanella e della sua proclamazione a compatrono della parrocchia di Traona, sono stati realizzati, copiandone fedelmente il modello, gli abiti maschili da lavoro rappresentati ai piedi della statua della Madonna.
Una cartolina postale inviata da Como a Traona nell’ottobre 1930 documenta, attraverso la fotografia sul fronte della cartolina, la partecipazione di un gruppo di Traonesi in costume tradizionale. La scritta “Traona-Valtellina”, sul cartello, identifica il gruppo. Nella fotografia compare sia il costume femminile che quello maschile.
In altre fotografie scattate negli anni tra il 1920-30 compaiono amiche o coetanee di diverso ceto sociale tra loro, che indossano il costume tradizionale. Ciò dà ragione di credere che il costume tradizionale si indossasse in momenti particolari di festa o aggregazione.
Passati in disuso i momenti di aggregazione in cui si indossava il costume tradizionale e cambiate le mode riguardo all’abbigliamento femminile, il costume tradizionale viene indossato raramente e da poche persone anziane che lo indossavano come ”abito della festa”.
Grazie alla conservazione da parte della signora Colombina di uno di questi costumi, intorno agli anni 1987-88 è stato possibile confezionarne un modello con le stesse particolarità di quello originale.
Il costume femminile festivo
Il vestito ha la parte superiore cucita a quella inferiore e le due parti sono di diverso colore.
Il corpetto, in mezzalana grigio scuro, misto di canapa e lino, è senza maniche. E’ orlato sullo scollo, sul davanti e sul giro manica con un “bendèl” (profilo) rosso. L’apertura sul davanti, che si allaccia con un “ràmpin” (gancio), è stringata di rosso per chiudere lo scollo e tenere ferma la pettorina .
La sottana è arricciata in vita con abbondanti pieghe che scendono dietro e termina con la balzana di colore rosso è alta circa 20 cm.
La camicetta, che si allaccia con tre bottoni, è bianca, pesante, fatta in casa con lo stesso cotone usato per le lenzuola.
Sotto le ascelle ha il caratteristico “triangolo” che permette a chi lo indossa di muovere meglio le braccia e arriva fino al giro di lana di pecora filata con nocchio facendo da sottoveste.
Sopra la camicetta , appena sotto lo scollo e trattenuta dalla stringatura, risalta “la pezza”. Si tratta di una pettorina di lino con ricami in lana raffiguranti disegni astratti e rifinita con un bordo di cotone colorato.
Il grembiule (scusàa) ha pieghe nella parte alta e si allaccia dietro con un “bindèl” (legaccio).
Usata con doppio giro intorno alla vita la “pendescia”, lunga tre metri e mezzo, che serve per tenere a posto il vestito, è di colore rosso a righe bianche e gialle.
In testa un “panèt” (fazzoletto) di lana finissima color marrone con disegni di rose e altri fiori guarnito di foglioline verdi.
Le calze sono di lana di pecora filata con lo “scalfin” bianco e il resto della calza è grigio.
Gli zoccoli venivano costruiti dagli uomini con legno di betulla. Gli zoccoli femminili avevano la tomaia di cuoio tagliata in due ed annodati con i “bendeèi” (legacci) che per le giovani in festa erano rossi o neri.
Il costume maschile da lavoro
Il vestito, formato da calzoni, gilè e farsetto, era fatto di “mezzalèe”: il panno di mezzalana, con l’ordito in canapa e la trama in lana.
I calzoni erano di due tipi: quelli corti, che arrivavano a mezzo ginocchio o anche appena sotto, e quelli lunghi fino alle caviglie. Di solito di colore grigio oppure blu. Gilè rosso, tenuto abitualmente aperto, ma che si abbottonava con bottoni dorati.
Giubba corta (farsetto), senza maniche, di colore scuro o anche giacca pesante scura o blu, secondo la stagione. Sotto il gilè s’indossava una camicia di tela di canapa, mista a lino o a cotone, le maniche lunghe coi polsini, che non aveva un vero e proprio colletto ma era finita con una specie di voltura che si abbassava all’esterno del collo.
Le calze erano di cotone grigio, fatte in casa con lana mischiata di pecore bianche e nere. Ai piedi portavano degli zoccoli a tomaia unica, tagliati sul posto. Quando andavano in montagna a fare lavori pesanti si mettevano gli zoccoli chiodati.
D’inverno chi poteva permetterselo calzava delle scarpe, tipo stivaletto, con le stringhe. Si usavano anche i pedi, a cui sovente si abbinavano quelli che nella sua richiesta del costume di Traona all’arciprete del paese, don Guanella indica come “stivali di panno” e che in realtà sono delle mezze calze in lana grezza senza il sottopiede. Quando faceva particolarmente freddo ci si avvolgeva con la famosa “mantelina”, molto pesante, di panno nero.
I costumi tradizionali oggi
A seguito del lavoro di ricerca per la realizzazione del libro “Costumi tradizionali del Mandamento di Morbegno” ed alla Rassegna Mandamentale dei Costumi che si svolge annualmente, un gruppo di persone ha ripreso ad indossare il costume tradizionale sia femminile che maschile in occasioni di manifestazioni od eventi e a riscoprire l’identità culturale e sociale legata al costume.
Testo: ©Luciana Gaggini