Questo mulino ha origini sicuramente antiche proprio per il luogo in cui si trova: nel pieno centro storico e nelle vicinanze dei palazzi nobiliari di Traona.

Origini Del Mulino Arietti

Un tempo i proprietari di questi palazzi, per le loro agiate condizioni economiche, oltre che di notevoli proprietà disponevano di propri luoghi privati come mulini e torchi. Qui i prodotti delle loro terre venivano lavorati ed utilizzati per i bisogni alimentari propri e forse anche per il commercio. Il mulino era quindi il luogo necessario per la trasformazione del grano in farina. E’ quindi possibile che anticamente il mulino potesse far parte delle pertinenze del vicino palazzo nobiliare.

In un atto notarile di compravendita del 1897, di un immobile sito nei pressi del mulino, tra i confinanti compaiono i signori Galimberti, Gottifredi-Paravicini, Miro Valenti e un’area Comunale. Nell’atto il mulino viene menzionato come proprietà del signor Galimberti. Il signor Galimberti era altresì proprietario del vicino palazzo Parravicini-Vertemate. Nel 1908 il palazzo nobiliare fu venduto dal signor Galimberti ed acquistato da privati che ne sono tutt’ora i proprietari, Fam. Dell’Oro.

Verso la fine del 1800 giunse a Traona Abdone Arieto, orfano, che in seguito sposò Adelaide Valenti, figlia di Miro Valenti e Giosoina Frigerio. Abdone ereditò il mulino, tramite la moglie, alla morte del suocero Miro Valenti. Da Abdone Arieti e Adelaide Valenti nacque, tra gli altri, Elirio Aldo Arietti (Aldino) di professione postino che continuò, sulle orme del padre, a far funzionare il mulino sino alla sua scomparsa avvenuta nel 1990. La tradizione fu poi tramandata al figlio Valerio Arietti.

Funzionamento Del Mulino

Il mulino Arietti è un mulino idraulico a ruota verticale. Viene alimentato dalle acque provenienti dal torrente Vallone, il cui corso è stato appositamente deviato a monte dell’abitato per portare acqua verso il centro del paese.

L’acqua viene raccolta in un bottaccio in pietra, attraverso una saracinesca viene fatta precipitare in un tubo per acquistare maggiore energia cinetica che fa girare una turbina situata all’esterno del mulino. Tale movimento viene poi trasmesso per mezzo dell’albero motore che fa girare due ruote collegate al mulino tramite una cinghia di cuoio che trasmette il movimento all’ingranaggio costituito da una ruota a pioli (lubecchio) e da una ruota a gabbia (lanterna).

Tali pezzi conservano ancora l’originale dentatura in legno e a loro volta azionano l’albero verticale terminante con la merla. Questo attraversa la macina, racchiusa in una struttura in ferro, composta da due grosse ruote in pietra dette moli: quella inferiore rimane fissa mentre quella superiore viene messa in moto dalla merla.

La frantumazione del grano avveniva dopo che questo, sistemato nella tramoggia, per caduta dall’alto piano piano finiva nella macina. Veniva poi convogliato in un setaccio detto buratto che, grazie ad un movimento meccanico oscillatorio azionato da una ruota, separava la crusca dalla farina la quale veniva raccolta nella “scrana”.

Nel locale possiamo ammirare due mulini. Il più grande, a pietra, dai primi del Novecento sino agli anni Cinquanta era deputato a macinare grano saraceno e frumento. Dagli anni Cinquanta in poi è stato modificato e attrezzato per macinare solo il granoturco per produrre farina gialla da polenta. Il picco del lavoro per questo mulino veniva raggiunto tra fine maggio ed inizio giugno, quando i contadini facevano macinare grossi quantitativi di granoturco per preparare le scorte di farina da portare sugli alpeggi per il periodo della transumanza estiva. Questo mulino è tuttora funzionante.

Nel secondo mulino, più piccolo, il processo di frantumazione avveniva tramite due cilindri di acciaio ed era utilizzato esclusivamente per macinare granoturco e cereali destinati al bestiame. E’ caduto in disuso già dagli anni Ottanta, quando l’avvento dei mulini elettrici ha permesso ai contadini di provvedere autonomamente alla preparazione del foraggio per i propri animali.

Negli anni passati il mulino è stato spesso meta di visite didattiche; i bambini rimanevano sempre incantati da questo luogo, rumoroso e polveroso, e quando vedevano la farina gialla scendere nella “scrana” già avevano l’acquolina in bocca per la polenta che ne sarebbe divenuta.

Il Mugnaio

La figura del mugnaio era fondamentale:

  • alimentava la macchina introducendo il cereale nella tramoggia;
  • regolava la distanza tra le macine, per mezzo della tempratoia, in funzione del cereale e della sua qualità (grano duro o tenero, pastositá, secchezza, etc.);
  • provvedeva alla manutenzione dell’impianto: oliare gli ingranaggi con vaselina e assicurarsi del perfetto funzionamento, martellare il sasso che costituisce le macine. Tale operazione, quando il mulino andava a pieno ritmo era richiesta circa ogni 60 giorni e veniva eseguita grazie alla maestria del mugnaio: ogni macina è costituita da quattro spicchi ed ogni spicchio ha un verso di martellatura specifico;
  • il canale che alimenta il mulino percorre un buon tratto nel bosco, pertanto era anche necessario mantenere spesso pulita la turbina da sterpaglie che insieme all’acqua venivano trascinate a valle e rischiavano di inceppare il meccanismo.

Non Tutti Sanno Che…

Il signor Aldino prima di versare il grano nella tramoggia era solito compiere un primo processo di pulitura del grano. Veniva versato in una sorta di scivolo costituito da una rete alla cui estremità era posta una calamita e una bocchetta che soffiava aria. In questo modo i chicchi venivano puliti da eventuali corpi estranei e parti metalliche (ad esempio chiodi) che potevano inavvertitamente finire nel raccolto e che avrebbero potuto danneggiato le moli.

Il mulino era un luogo molto polveroso, ai bordi del setaccio era solito formarsi un sottile strato di farina molto fine che veniva poi raccolta manualmente dal mugnaio. Questa finissima farina era la più adatta per l’impasto dei dolci.

Fino al dopoguerra era tradizione che ogni famiglia provvedesse a realizzare il pane in casa andando poi ai forni del paese per cuocerlo. Per questo motivo fino agli anni Cinquanta il mulino in pietra era fondamentale per produrre farina bianca.

Un’ora era il tempo necessario per ottenere circa 5 Kg di farina di grano tenero.

Testi: ©prolocotraona