Due erano le peschiere nelle vicinanze del Ponte di Ganda: una a Traona chiamata anticamente “Damolo o Valletta”, l’altra, appartenente al comune di Cosio “dove si dice in Gera sotto li prati del Bitto”.

Erano ambedue proprietà dapprima dei Vicedomini, poi dei Paravicini e rendevano annue 325 lire imperiali.

Nel 1520, all’ondata funesta dei Grigioni che travolse la libertà dei Valtellinesi, s’aggiunse lo straripamento disastroso dell’Adda, devastatore al punto di sconvolgerne totalmente il corso. Uscita dall’antico alveo, ne scavò un altro attraverso i campi; mutò persino la foce che prima volgeva verso il lago di Mezzola, nelle vicinanze di Verceia: quell’anno si aprì un varco in fregio alla antica Torre di Olonio, nella località ora detta Ponte del Passo.

Questo sconvolgimento, che determinò la scomparsa di antichissimi borghi allagando quello che in seguito verrà chiamato Piano di Spagna, inasprì i rapporti tra i nobili e i popolani a causa delle dette “peschiere” a cui si attribuiva, non senza ragione, la colpa dei rovinosi straripamenti.

Le passonate

Che rapporto c’era tra le peschiere e gli straripamenti dell’Adda? A formare le peschiere erano determinanti le “passonate” che servivano a deviare le acque in modo da facilitare la cattura dei pesci. Conficcati nell’alveo del fiume, enormi tronchi di larice appuntiti e collegati da traverse formavano uno sbarramento poderoso che, nella stagione estiva, si trasformava in una trappola pericolosa.

Una relazione del pretore della Squadra di Traona Giovanni Guler, (quello che derivava Trauna da Tera buna,) attesta le complicazioni che i vari straripamenti dell’Adda avevano causato nelle comunità del Terziere inferiore della Valtellina. Nella sua “Raetia” del 1606 Giovanni Guler già Podestà di Traona, coglie le due facce dell’Adda: madre di pesci prelibati e fonte di guai infiniti.

“Abdua praepingues liquido fert gurgite troctas.- quae regum poterunt exhilarare dapes”.

L’Adda nelle sue limpide acque offre grasse trote che potranno rallegrare le mense dei re.

Come le acque, per il loro pesce e per altri vantaggi, arrecano alla valle grande utilità, così sono anche tremendamente dannose. Infatti, i monti della Valtellina, raggiungendo dappertutto una notevole altezza, sono anche ripidi e scoscesi; quindi, l’acqua delle piogge precipita velocemente giù per le valli, gonfiando i torrenti. E perciò, quando le piogge scendono torrenziali, ovvero la neve si scioglie sui monti, i fiumi diventano rovinosi, travolgendo alberi, macigni, fango e terriccio; così, non appena dalla strettura delle valli escono al largo, arrecano immensi danni.

Questi sono anche maggiori quando cadono delle frane; come avviene spesso, principalmente se le zolle hanno un debole sostegno sopra stratificazioni acquitrinose e friabili. I temporali e i cicloni sono pure spaventevoli; l’Adda diviene spesso per le acque dei monti così gonfia, furiosa ed impetuosa che trasporta molto terriccio, sradica alberi, abbatte i ponti, e sommerge per larga estensione i campi, trasformandoli in limpido lago; riempie i fossati, travolge grosse pietre e persino case, capanne ed altri edifici in modo funesto. Perciò questa brava popolazione viene irreparabilmente danneggiata nella vita e negli averi.

Sindacato per dirimere una vertenza tra Cosio e Traona, 30 aprile 1424

Un altro documento, desunto dal Fontana e riportato dal Fattarelli, nel suo “La sepolta Olonio”, ci ricorda l’annosa vertenza che mette in contrasto Cosio e Traona perché l’Adda non defluisce regolarmente e gli uni accusano gli altri per i danni che aggravano le rispettive comunità. Si appellano al Duca di Milano perché dirima la contestazione delle due comunità.

Le acque dell’Adda, causa gli ostacoli e la negligenza degli opposti rivieraschi non defluiscono regolarmente, e ciò causa danno. Le accuse sono reciproche, ma Cosio è persuasa che la colpa sia dei Traonaschi e invia una forte lamentela a Milano.

Il duca, ricevuta la supplica, s’interessa vivamente alla faccenda e il 6 e 16 aprile 1424 trasmette pressante invito alle comunità interessate affinché trovino una soluzione alla discordia, e ciò “sine strepito”, senza frivoli cavilli atti a procurar scandalo. Le separate missive sono indirizzate al nobile Capitano della “nostra Valtellina” per quanto riguarda Traona e a Guglielmino per Cosio. Vien fissato un termine d’un mese perché la questione sia risolta. Ecco, pertanto, il 30 aprile 1424 il convocato delle due comunità con l’aggiunta di due mediatori proposti da Milano: il dr. Tomaso de Gabeleri, giusperito di Como e Michele de Ferrari. Roga l’atto del sindacato il notaio Giacomo Castellargegno.

L’esito della vertenza non dovette esser definitivo, se per una trentina d’anni, risulta sempre da documenti, gli affittuari di fondi di proprietà dei Vicedomini di Cosio e di Traona, hanno dovuto consegnare il vino e le granaglie annualmente “in riva dell’Adda” sia in tempo di pace che di guerra.

Doveva scorrere ancora tant’acqua nel tortuoso alveo dell’Adda, tra uno straripamento e un altro, se nel 1546 una sentenza dei Dominatori Grigioni stabilì che il confine tra le due comunità non fosse più segnato dal corso capriccioso del fiume, ma da una piantagione di “albere” (pioppi): come dire “vagoli pure l’Adda di qua o di là, ma il confine tra le due comunità resta fisso”.

Anche tra Morbegno e Traona, l’insidiosa Adda provocò liti a non finire: ci riferiamo alle vertenze sorte nel 1490 quando si doveva procedere alla localizzazione del Ponte di Ganda. Morbegno lo voleva all’infimo Capino o al boschetto di pioppi, Traona invece lo voleva alla preda del Barco. L’architetto Amadeo diede ragione a Traona.

La fluitazione e la centena

Le passonate servivano pure per trattenere i tronchi fluitati in altre zone della Valtellina come a S. Gregorio verso Sirta o nei torrenti vallivi come il Masino. L’operazione “Fluitazione” consisteva nell’immettere nella corrente del fiume o del torrente i tronchi dei disboscamenti o “borre o borrelli” che poi venivano bloccati dallo sbarramento, formato appunto dalle passonate.

Qui venivano tratti a riva e accatastati: qui, dopo il conteggio, veniva applicata la tassa della fluitazione con le spettanze dei proprietari delle passonate che s’accontentavano della “centena”, su cento tronchi “uno” spettava ai soliti feudatari delle peschiere. Nella zona pedemontana sorgevano pertanto molte piccole cataste di proprietà dei singoli “borrelè” ed una, la più grande, quella dei “padroni”, alimentata dai tronchi della centena. Il toponimo “Cà di Borr” ed il cognome “Borri” confermano l’antica usanza.

I nostri antenati, per salvarsi dalle insidie delle acque, un po’ facevano voti ai Santi ed innalzavano preci al cielo nelle processioni delle Rogazioni e un po’ se la prendevano con i “sciuri delle Peschiere”, per via delle passonate.

Quante volte sono finiti davanti al Pretore di Traona per aver tentato di aprire “una porta” nelle passonate con colpi di mano, suggeriti dalla disperazione; ne vennero denunce, processi, condanne e multe a beneficio dei proprietari e dei giudici Grigionesi. Talvolta davanti ai giudici finirono i proprietari delle peschiere accusati di danneggiamenti: cause che si trascinarono per decenni con esiti alterni.

Allagamento della piana di Traona nel 1515

Nel 1515 la colpa dell’allagamento della piana di Traona fu addossata a Benedetto Vicedomini di Traona, proprietario della peschiera della Valletta, che per antico abuso signorile sbarrava il corso dell’acqua con staccionate e passonate, fermando così la ghiaia ed alzando il livello del fiume con grandissimo pericolo d’esondazione. I coltivatori dei campi esposero le loro giuste lamentele ai Signori delle Tre Leghe che molto accortamente, quell’anno, ordinarono al Vicedomini, oltre il versamento d’una cospicua somma nelle loro casse: “che le peschiere fossero aperte nel mezzo per quindici brazza, entro otto giorni: altrimenti le avrebbero aperte loro a spese però dei Vicedomini”.

Ma i Vicedomini non erano adusi ad obbedire: il Consiglio di Valle inviò 100 guastatori ad estirpare le passonate e ne venne una piccola guerra. Benedetto Vicedomini con Tognino Zuchino, Gabriello e Antonio dei Gatti opposero resistenza “tirando d’archibusi e schioppetti: ma gli altri passata l’Adda, furono dietro a quelli, che gli scaricavano l’artiglieria ed entrarono in Traona, presero tre dei sopradetti et li fecero dar sicurtà de 3000 ducati del Reno: finalmente la peschiera fu disfatta alli 25 gennaio con grandissima spesa delli sopraddetti delle peschiere”.

Le ultime passonate furono distrutte nell’anno 1892. Dall’alto di S. Apollonia, si potevano scorgere, fino all’alluvione del 1987, i mozziconi dei tronchi che ancora emergevano nell’alveo dell’Adda.

  • BIBLIOGRAFIA:
  • Songini, don Domenico, “Storia e… storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001